INPS: istruzioni sull’indennità una tantum 150 euro per altre categorie di soggetti


L’Inps, con circolare n. 127/2022, ha fornito precisazioni in merito all’indennità una tantum pari a 150 euro per alcuni soggetti.

L’indennità una tantum è riconosciuta agli assicurati che percepiscono a novembre 2022 sia la NASpI che la DIS-COLL, a coloro che nel corso dell’anno 2022 percepiscono l’indennità di disoccupazione agricola di competenza del 2021, e a favore dei lavoratori che sono stati destinatari delle indennità COVID-19.
La medesima indennità è riconosciuta, a domanda, ai collaboratori coordinati e continuativi e dottorandi e assegnisti di ricerca, ai lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti, ai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo.
L’indennità in parola è riconosciuta, poi, a favore dei lavoratori autonomi occasionali e degli incaricati alle vendite a domicilio beneficiari dell’indennità una tantum ex art. 32, co. 15 e 16, DL n. 50/2022.
Altresì, è riconosciuta in favore dei titolari di trattamenti di mobilità in deroga e di indennità di importo pari alla mobilità, considerata l’identità di ratio delle prestazioni e le esigenze di sostegno al reddito.
La misura non è riconosciuta ai percettori della NASpI che hanno fruito della stessa in forma anticipata e il cui periodo teorico ricomprende novembre 2022.
Per la fruizione del beneficio non deve essere presentata alcuna domanda, ma lo stesso è erogato d’ufficio dall’Inps con le modalità di pagamento della prestazione di disoccupazione.
L’indennità una tantum è riconosciuta ai lavoratori che hanno beneficiato di una delle indennità previste dall’art. 10, co. da 1 a 9, del DL n. 41/2021, e dall’art. 42, DL n. 73/2021. Nel dettaglio, l’indennità è:
ai lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione dei settori del turismo e degli stabilimenti termali;
lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali;
lavoratori intermittenti;
lavoratori autonomi occasionali;
lavoratori incaricati alle vendite a domicilio;
lavoratori dipendenti a tempo determinato dei settori del turismo e degli stabilimenti termali; lavoratori dello spettacolo.
Ai fini di fuire della suddetta misura non deve essere presentata alcuna domanda, ma lo stesso è erogato d’ufficio dall’INPS con le stesse modalità di pagamento delle suddette indennità COVID-19 già riconosciute.
Ai lavoratori autonomi occasionali e ai lavoratori incaricati alle vendite a domicilio che hanno presentato domanda per l’indennità una tantum 200 euro, e che sono stati ammessi alla fruizione della stessa, è riconosciuta, in aggiunta, un’ulteriore indennità 150 euro, senza presentazione di un’ulteriore domanda.
L’indennità in argomento è erogata d’ufficio dall’Istituto di previdenza ai soggetti titolari, a novembre 2022, delle prestazioni di disoccupazione NASpI, DIS-COLL, di trattamenti di mobilità in deroga o di indennità pari alla mobilità, nonché a favore dei lavoratori che hanno percepito l’indennità di disoccupazione agricola in competenza 2021, a favore dei lavoratori che hanno beneficiato delle indennità COVID-19, nonché a favore dei lavoratori autonomi occasionali e incaricati alle vendite a domicilio beneficiari dell’indennità una tantum di importo pari a 200 Euro.

Risarcimento del danno non patrimoniale per demansionamento

In caso di condotta del datore di lavoro (demansionamento e inoperosità del lavoratore), anche se colposa e non dolosa, da cui siano causalmente derivati danni alla persona del lavoratore, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale la mancata liquidazione dell’indennizzo a carico dell’INAIL non costituisce condicio iuris per la proposizione della domanda risarcitoria nei confronti del datore di lavoro (Corte di Cassazione – Sentenza 15 novembre 2022, n. 33639).

IL CASO

I lavoratore ha convenuto in giudizio il datore di lavoro per comportamento asseritamente mobbizzante, concretizzato attraverso il demansionamento e l’emarginazione nel proprio ambiente di lavoro, richiedendo oltre al danno patrimoniale, il risarcimento del danno biologico e del danno esistenziale e morale connesso allo sviluppo di una malattia psico-somatica.
Il Tribunale adito ha confermato il danno patrimoniale, escludendo la responsabilità del datore di lavoro per il danno danno biologico e per quello esistenziale e morale avuto riguardo, per il primo, alla pregiudiziale copertura pubblica apprestata dall’Inail, non evocato in giudizio, e, per il secondo, al connotato proprio di danno differenziale, non adeguatamente dedotto dalla parte che non aveva specificato in quale misura l’indennizzo assicurativo garantito dall’Istituto non era in grado di ristorare il pregiudizio alla sfera relazionale e soggettiva dell’assicurato.
La Corte d’appello, nel confermare la pronuncia, ha dedotto l’inesistenza di una macchinazione dolosa del datore di lavoro finalizzata all’emarginazione del lavoratore nel proprio ambiente di lavoro. In ordine alle voci di danno non patrimoniale, i giudici hanno inoltre aggiunto che la liquidazione dell’indennizzo a carico dell’Inail si configura come una vera e propria condicio iuris della domanda risarcitoria in difetto della quale il danneggiato non può agire nei confronti del responsabile civile. Nella fattispecie il lavoratore non aveva avanzato alcuna richiesta all’Istituto.
La decisione è stata impugnata dal lavoratore rivendicando la possibilità di un’azione diretta nei confronti del datore di lavoro per il ristoro del danno biologico, e comunque dei danni non patrimoniali, conseguenti una malattia psico-somatica determinata dal demansionamento, e comunque la legittimazione passiva del datore di lavoro per il risarcimento del danno cd. differenziale.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE

In tema di reciproca interferenza delle regole che presiedono il sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali con le azioni di risarcimento del danno promosse dal lavoratore colpito da eventi cagionati dall’espletamento dell’attività lavorativa la Corte di Cassazione ha affermato i seguenti principi.
L’assicurazione obbligatoria esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nell’ambito dei rischi coperti dall’assicurazione, con i suoi limiti oggettivi e soggettivi, per cui laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza di presupposti, l’esonero non opera; in tali casi, per il risarcimento dei danni convenzionalmente definiti “complementari”, vigono le regole generali del diritto comune previste in caso di inadempimento contrattuale.
L’esonero del datore di lavoro non opera anche allorquando venga accertato che i fatti da cui deriva l’infortunio o la malattia “costituiscano reato sotto il profilo dell’elemento soggettivo e oggettivo”, per cui la responsabilità permane “per la parte che eccede le indennità liquidate” dall’INAIL ed il risarcimento “è dovuto” dal datore di lavoro. Di qui la nozione di danno cd. “differenziale”, inteso come quella parte di risarcimento che eccede l’importo dell’indennizzo coperto dall’assicurazione obbligatoria e che resta a carico del datore di lavoro ove il fatto sia riconducibile ad un reato perseguibile d’ufficio; parallelamente la disciplina assicurativa, nella ricorrenza del medesimo presupposto, consente all’INAIL di agire in regresso nei confronti del datore di lavoro “per le somme pagate a titolo di indennità”.
E’ escluso “che le prestazioni eventualmente erogate dall’INAIL esauriscano di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato”. Con la conseguenza che il lavoratore potrà richiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno cd. “differenziale”, allegando in fatto circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, ed il giudice, accertata in via incidentale autonoma l’illecito di rilievo penale, potrà liquidare la somma dovuta dal datore, detraendo dal complessivo valore monetario del danno civilistico, calcolato secondo i criteri comuni, quanto indennizzabile dall’INAIL, con una operazione di scomputo che deve essere effettuata ex officio ed anche se l’Istituto non abbia in concreto provveduto all’indennizzo.
Il giudice di merito, dopo aver calcolato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l’indennizzo erogato dall’Inail secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo, oltre al danno patrimoniale, ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale. Pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest’ultimo alla quota INAIL rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita INAIL destinata a ristorare il danno biologico permanente.
Inoltre, afferma la Corte di Cassazione, la disciplina assicurativa deve essere interpretata nel senso che l’accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd. differenziale, sia nel caso dell’azione di regresso proposta dall’Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale fra fatto ed evento dannoso.
In conclusione, la Suprema Corte dispone la cassazione della pronuncia laddove ritiene la liquidazione dell’indennizzo a carico dell’INAIL come condicio iuris per la proposizione della domanda risarcitoria nei confronti del datore di lavoro e, pur ritenendo l’illecito datoriale rappresentato dal demansionamento inflitto al lavoratore, non procede all’accertamento e alla liquidazione dei danni non patrimoniali sulla base dei principi di diritto innanzi richiamati.
Anche sotto il profilo dell’accertamento del danno differenziale la Corte di Cassazione ha statuito la cassazione della pronuncia affermando che è sufficiente che siano dedotte in fatto dal lavoratore circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, sottolineando che anche la violazione delle regole di cui all’art. 2087 c.c., norma di cautela avente carattere generale, è idonea a concretare la responsabilità penale. Spetta poi al giudice il compito di qualificare giuridicamente i fatti e sussumerli nell’alveo della fattispecie penalistica, accertando autonomamente ed in via incidentale la sussistenza del reato. Inoltre la richiesta del lavoratore di risarcimento dei danni, patrimoniali e non, derivanti dall’inadempimento datoriale, è idonea a fondare un petitum rispetto al quale il giudice dovrà applicare il meccanismo legale previsto dall’art. 10 d.P.R. n. 1124/65, pur dove non sia specificata la superiorità del danno civilistico in confronto all’indennizzo, atteso che, rappresentando il differenziale normalmente un minus rispetto al danno integrale preteso, non può essere considerata incompleta al punto da essere rigettata una domanda in cui si richieda l’intero danno. Ciò in quanto in materia di azioni di risarcimento del danno, viene in rilievo non la qualificazione formale ma la natura e le caratteristiche del pregiudizio stesso. La domanda di risarcimento del danno non patrimoniale è una domanda di carattere onnicomprensivo e l’unitarietà del diritto al risarcimento e la normale non frazionabilità del giudizio di liquidazione comportano che, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta.
In relazione alla condotta della datore di lavoro, la Corte Suprema ha evidenziato, altresì, che anche qualora sia esclusa una “macchinazione dolosa” nei confronti del lavoratore, ma sia acclarato che lo stesso versasse “in condizioni di sostanziale inoperosità”, con progressivo “svuotamento” delle mansioni affidate, il giudice deve accertare se da tale condotta del datore di lavoro, anche se colposa, siano causalmente derivati danni alla persona del lavoratore a contenuto non patrimoniale e provvedere alla liquidazione degli stessi.

Accordo Edili Industria per la provincia di Piacenza



Firmato il giorno 24/10/2022, tra la Sezione dei Costruttori Edili di Confindustria Piacenza e la FILLEA-CGIL di Piacenza, la FILCA-CISL di Piacenza, la FENEAL-UIL di Piacenza, l’accordo per la determinazione degli importi da erogare a titolo di Elemento variabile della Retribuzione ai lavoratori edili di Piacenza


Stante l’andamento positivo di tutti gli indicatori, in base a quanto stabilito nel contratto provinciale del 20 ottobre 2016, le Parti dichiarano che esistono i presupposti per l’erogazione dell’EVR, che viene stabilito nella misura del 4% dei minimi tabellari del luglio 2014.
Ciò posto, le aziende verificheranno, triennio su triennio, l’andamento dei seguenti indicatori aziendali:


– numero ore denunciate in cassa edile (o numero ore lavorate registrate sul LUL, per le aziende con solo impiegati)


– volume d’affari IVA (così come rilevabile esclusivamente dalle dichiarazioni annuali IVA dell’impresa)


In tale calcolo dovrà tenersi conto dei suddetti indicatori con riferimento all’azienda nel suo complesso, al di là delle singole unità produttive eventualmente dislocate sul territorio.
Qualora gli indicatori risultino pari o positivi, l’azienda provvederà ad erogare l’EVR nella misura stabilita a livello provinciale.
Laddove entrambi i parametri aziendali dovessero risultare negativi, l’EVR non sarà erogato.
Qualora un solo indicatore aziendale risulti pari o positivo, l’azienda dovrà erogare l’EVR nella percentuale del 65%.


 













































Livelli

Minimi 7/2014

4%

100% EVR

65% EVR

7 1.630,71 65,23 782,74 508,78
6 1.467,63 58,71 704,46 457,90
5 1.223,02 48,92 587,05 381,58
4 1.141,51 45,66 547,92 356,15
3 1.059,96 42,4 508,78 330,71
2 953,97 38,16 457,91 297,64
1 815,36 32,61 391,37 254,39


Per il solo 2022 l’EVR verrà erogato, con la retribuzione del mese di dicembre, in un’unica soluzione ai lavoratori in forza nel mese di ottobre 2022 proporzionandolo ai mesi di servizio prestati nell’anno 2021. La frazione di mese superiore a 15 giorni verrà considerata come mese intero.
L’EVR sarà inoltre riproporzionato sulla base dell’orario contrattuale individuale per i lavoratori a tempo parziale.

Obbligo di repechage: in caso di violazione il lavoratore ha diritto alla reintegra


Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n.125/2022, in caso di violazione dell’obbligo di repechage, il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto alla tutela reintegratoria (Corte di Cassazione, Ordinanza 11 novembre 2022, n. 33341).


 


La Corte di appello territoriale accertava l’illegittimità del licenziamento irrogato ad un lavoratore a seguito della cessazione dell’appalto presso cui lo stesso aveva prestato la sua attività.
Secondo i giudici di merito, in particolare, pur provato il giustificato motivo oggettivo posto a fondamento del recesso, non era stata offerta la prova della impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni anche in ambito extraregionale; da tanto discendeva la condanna della società datrice di lavoro a corrispondere al dipendente un’indennità risarcitoria.


Il lavoratore ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, deducendo tra i motivi, l’inadeguatezza della tutela applicata, atteso che, a fronte dell’accertata violazione dell’obbligo di repechage, nel caso in parola avrebbe dovuto trovare applicazione la tutela reintegratoria.


Il ricorso è stato accolto dalla Corte di Cassazione la quale ha ribadito preliminarmente che, in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di “repechage” del dipendente licenziato, in quanto requisito di legittimità del recesso datoriale. Il lavoratore ha l’onere di dimostrare il fatto costitutivo dell’esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato così risolto, nonché di allegare l’illegittimo rifiuto del datore di continuare a farlo lavorare in assenza di un giustificato motivo, mentre incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e di prova dell’esistenza del giustificato motivo oggettivo, che include anche l’impossibilità del cd. “repechage”, ossia dell’inesistenza di altri posti di lavoro in cui utilmente ricollocare il lavoratore.


Nel caso sottoposto ad esame la Corte territoriale aveva correttamente applicato tali principi, una volta verificato che gli elementi di valutazione dai quali la società avrebbe voluto far derivare l’impossibilità di adibire altrimenti il lavoratore non consentivano di escludere che, in presenza di numerosi appalti ancora in essere anche in ambito extra regionale, vi fossero posizioni utili alle quali assegnare il lavoratore.


Il Collegio ha, altresì, osservato che nelle more della definizione del giudizio era intervenuta la sentenza n. 125 del 19 maggio 2022 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, co. 7, secondo periodo, L. n. 300 del 1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge n. 92 del 2012, limitatamente alla parola «manifesta».
Anche nel giudizio di cassazione, qualora sopravvenga dopo la deliberazione della decisione della Corte di Cassazione e prima della pubblicazione della stessa, la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge e tale dichiarazione risulti potenzialmente condizionante rispetto al contenuto ed al tipo di decisione che la Corte stessa era chiamata a rendere, sussiste il dovere dei Giudici di legittimità di tenere conto di tale dichiarazione.


Ciò posto, nel caso di specie, il capo della sentenza impugnata che ha negato la tutela reintegratoria al lavoratore sulla base di un parametro normativo espunto dall’ordinamento è stato cassato per consentire al giudice del rinvio di riconoscere la tutela in concreto dovuta sulla base della nuova dizione dell’art. 18 co. 7, L. n. 300/1970.


Incentivi sicurezza sul lavoro: inoltro domande per il Bando Isi 2021

L’INAIL finanzia gli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro attraverso il Bando Isi 2021. Le domande devono essere inoltrate, previa autenticazione, tramite lo sportello informatico, il 16 novembre 2022 dalle ore 11:00 alle 11:20 (INAIL – Comunicato 14 novembre 2022)

Il Bando Isi 2021 ha l’obiettivo di incentivare le imprese a realizzare progetti per il miglioramento documentato delle condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori rispetto alle condizioni preesistenti, nonché incoraggiare le micro e piccole imprese, operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli, all’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature di lavoro caratterizzati da soluzioni innovative per abbattere in misura significativa le emissioni inquinanti, migliorare il rendimento e la sostenibilità globali e, in concomitanza, conseguire la riduzione del livello di rumorosità o del rischio infortunistico o di quello derivante dallo svolgimento di operazioni manuali.

DESTINATARI DEI FINANZIAMENTI


L’iniziativa è rivolta a tutte le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura e anche agli enti del terzo settore limitatamente all’Asse 2 di finanziamento.

PROGETTI AMMESSI A FINANZIAMENTO


Sono finanziabili le seguenti tipologie di progetto ricomprese in 5 Assi di finanziamento:
– Progetti di investimento e Progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale – Asse di finanziamento 1 (sub Assi 1.1 e 1.2);
– Progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale di carichi (MMC) – Asse di finanziamento 2;
– Progetti di bonifica da materiali contenenti amianto – Asse di finanziamento 3;
– Progetti per micro e piccole imprese operanti in specifici settori di attività – Asse di finanziamento 4;
– Progetti per micro e piccole imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli – Asse di finanziamento 5.

RISORSE ECONOMICHE DESTINATE AI FINANZIAMENTI


Le risorse finanziarie destinate dall’Inail, ai progetti di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sono ripartite per regione/provincia autonoma e per assi di finanziamento.
Di tale ripartizione è data evidenza nell’allegato “Isi 2021 – risorse economiche” che costituisce parte integrante degli Avvisi pubblici regionali/provinciali pubblicati.
Il finanziamento, in conto capitale, è calcolato sulle spese ritenute ammissibili al netto dell’iva, come di seguito riportato.
a) Per gli Assi 1, 2, 3 e 4 il finanziamento non supera il 65% delle predette spese, fermo restando i seguenti limiti:
– Assi 1, 2, 3, il finanziamento complessivo di ciascun progetto non potrà essere inferiore a 5.000,00 euro né superiore a 130.000,00 euro. Non è previsto alcun limite minimo di finanziamento per le imprese fino a 50 dipendenti che presentano progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale di cui all’allegato (sub Asse 1.2);
– Asse 4, il finanziamento complessivo di ciascun progetto non potrà essere inferiore a 2.000,00 euro né superiore a 50.000,00 euro.
b) Per l’Asse 5 il finanziamento è concesso nella misura del:
– 40% per la generalità delle imprese agricole (sub Asse 5.1)
– 50% per giovani agricoltori (sub Asse 5.2)
e per ciascun progetto il finanziamento non potrà essere inferiore a 1.000,00 euro né superiore a 60.000,00 euro.

MODALITÀ E TEMPISTICHE DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA


Sul portale Inail – nella sezione Accedi ai Servizi Online – le imprese avranno a disposizione una procedura informatica che consentirà loro, attraverso un percorso guidato, di inserire la domanda di finanziamento con le modalità indicate negli Avvisi regionali.
La domanda compilata e registrata, esclusivamente, in modalità telematica, dovrà essere inoltrata allo sportello informatico per l’acquisizione dell’ordine cronologico, secondo quanto riportato nel documento “Regole Tecniche e modalità di svolgimento”.
Le domande ammesse agli elenchi cronologici dovranno essere confermate, a pena di decadenza dal beneficio, attraverso l’apposita funzione on line di upload/caricamento della documentazione, come specificato negli Avvisi regionali/provinciali.