CCNL Pulizia Confartigianato: le nuove retribuzioni


CCNL Pulizia Confartigianato: le nuove retribuzioni



Sottoscritto il verbale contenente le nuove retribuzioni per i dipendenti dalle imprese artigiane esercenti servizi di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione


L’accordo integrativo all’Ipotesi di accordo sottoscritta lo scorso ottobre, ha previsto  un incremento retributivo pari a euro 120,00 riferito al 5° Livello, con le seguenti decorrenze: 60 euro a partire dal 1° novembre 2022, 30 euro dal 1° luglio 2023, 20 euro dal 1° Luglio 2024,10 euro dal 1° dicembre 2024.






































Livello

Retribuzione Tabellare in vigore

Incremento a regime

Retribuzione tabellare a regime

1 1.458,22 € 152,84 € 1.611,06 €
2 1.336,73 € 140,09 € 1.476,82 €
3S 1.295,62 € 135,79 € 1.431,41 €
3 1.251,24 € 131,14 € 1.382,38 €
4 1.182,82 € 123,96 € 1.306,78 €
5 1.144,97 € 120,00 € 1.264,97 €
6 1.102,94 € 115,60 € 1.218,54 €






































Livello

Retribuzione Tabellare


al 31 ottobre 2022

Prima tranche di incremento


dal 1° novembre 2022

Retribuzione tabellare


dal 1° novembre 2022

1 1.458,22 € 76,42 € 1.534,64 €
2 1.336,73 € 70,05 € 1.406,78 €
3S 1.295,62 € 67,89 € 1.363,51 €
3 1.251,24 € 65,57 € 1.316,81 €
4 1.182,82 € 61,98 € 1.244,80 €
5 1.144,97 € 60,00 € 1.204,97 €
6 1.102,94 € 57,80 € 1.160,74 €






































Livello

Retribuzione Tabellare


al 30 giugno 2023

Seconda tranche di incremento


dal 1° luglio 2023

Retribuzione tabellare


dal 1° luglio 2023

1 1.534,64 € 38,21 € 1.572,85 €
2 1.406,78 € 35,02 € 1.441,80 €
3S 1.363,51 € 33,95 € 1.397,46 €
3 1.316,81 € 32,78 € 1.349,59 €
4 1.244,80 € 30,99 € 1.275,79 €
5 1.204,97 € 30,00 € 1.234,97 €
6 1.160,74 € 28,90 € 1.189,64 €






































Livello

Retribuzione Tabellare


al 30 giugno 2024

Terza tranche di incremento


dal 1° luglio 2024

Retribuzione tabellare


dal 1° luglio 2024

1 1.572,85 € 25,47 € 1.598,32 €
2 1.441,80 € 23,35 € 1.465,15 €
3S 1.397,46 € 22,63 € 1.420,09 €
3 1.349,59 € 21,86 € 1.371,45 €
4 1.275,79 € 20,66 € 1.296,45 €
5 1.234,97 € 20,00 € 1.254,97 €
6 1.189,64 € 19,27 € 1.208,91 €






































Livello

Retribuzione Tabellare


al 30 novembre 2024

Quarta tranche di incremento


dal 1° dicembre 2024

Retribuzione tabellare


dal 1° dicembre 2024

1 1.598,32 € 12,74 € 1.611,06 €
2 1.465,15 € 11,67 € 1.476,82 €
3S 1.420,09 € 11,32 € 1.431,41 €
3 1.371,45 € 10,93 € 1.382,38 €
4 1.296,45 € 10,33 € 1.306,78 €
5 1.254,97 € 10,00 € 1.264,97 €
6 1.208,91 € 9,63 € 1.218,54 €


A decorrere dal 1° novembre 2022 verrà, inoltre, corrisposto a titolo di indennità speciale un importo mensile differenziato per ciascun livello retributivo secondo gli importi e le scadenze indicate di seguito.


 































Livello

Importi in vigore


dal 1° novembre 2022

Importi in vigore


dal 1° dicembre 2024

1 126,55 € 131,55 €
2 108,58 € 113,58 €
3S 104,86 € 109,86 €
3 96,81 € 101,81 €
4 88,73 € 93,73 €
5 83,17 € 88,17 €
6 76,97 € 81,97 €


I lavoratori dipendenti delle imprese che non versano alla bilateralità hanno diritto ad un ulteriore elemento retributivo, non assorbibile, pari a 30,00 euro lordi mensili denominato Elemento Aggiuntivo della Retribuzione (E.A.R.)

Validità della prova di residenza fiscale all’estero in lingua straniera

La Corte di Cassazione ha affermato che in tema di tassazione dei redditi delle persone fisiche, ai fini della prova della residenza fiscale all’estero, che escluda l’imponibilità dei redditi in Italia, i documenti prodotti dal contribuente in lingua straniera devono ritenersi validamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione allorché il giudice sia in grado di comprenderne il significato. (Corte di Cassazione – Sentenza 09 novembre 2022, n. 33079).

L’Agenzia delle Entrate ha contestato al contribuente maggiore IRPEF a seguito dell’omessa dichiarazione di redditi di lavoro dipendente corrisposti dalla SIAE.
Il contribuente risultava cancellato dall’anagrafe della popolazione residente nel 1989, emigrato in Svizzera nel 1989 ed iscritto all’A.I.R.E nel 1990, ma secondo l’Agenzia delle Entrate doveva ritenersi fiscalmente residente in Italia nell’anno d’imposta in questione, essendo nel territorio dello Stato proprietario di immobili, intestatario di utenze elettriche e telefoniche e titolare di partita IVA aperta nel 2000, ed avendo legami familiari con la moglie, non legalmente separata, ed i figli, residenti in Italia.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente sulla base della documentazione di prova dell’effettiva residenza in Svizzera prodotta dal contribuente in lingua straniera.
La decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate ritenendo che la documentazione prodotta dal contribuente dovesse ritenersi inammissibile ai fini della prova contraria, in quanto scritta in lingua diversa da quella italiana, contrariamente a quanto prescrivono gli artt. 122 e 123 cod. proc. civ..

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari, ritenendo valida e utilizzabile la documentazione di prova redatta in lingua straniera, anche in assenza di traduzione in lingua italiana.
I giudici della Suprema Corte hanno affermato che l’obbligatorietà della lingua italiana, previsto dalle norme processuali, si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti esibiti dalle parti, sicché, quando siffatti documenti risultino redatti in lingua straniera, il giudice ha la facoltà, e non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, di cui può farsi a meno allorché trattasi di un testo di facile comprensibilità, sia da parte dello stesso giudice che dei difensori.
Pertanto la produzione di documenti redatti in lingua straniera, e non muniti contestualmente di traduzione allegata, non è vietata dall’ordinamento processuale e non può quindi ritenersi ex se nulla, né comunque “inutilizzabile”, categoria di matrice penalistica che comunque, ove pure la si voglia trasferire nel contesto del giudizio civile, non può prescindere da un riferimento normativo, assente nel caso di specie.
Dalla ritualità della produzione istruttoria dei documenti di prova, in tema di valutazione delle prove, la normativa processuale che prescrive l’uso della lingua italiana in tutto il processo, non esonera il giudice dall’obbligo di prendere in considerazione qualsiasi elemento probatorio decisivo, ancorché espresso in lingua diversa da quella italiana, restando affidato al suo potere discrezionale il ricorso ad un interprete a seconda che sia o meno in grado di comprenderne il significato o che in ordine ad esso sorgano contrasti tra le parti.
In altri termini, la discrezionalità del giudicante, rispetto alla nomina o meno di un traduttore, dipende dalla sua possibilità, o meno, di comprendere comunque il significato del documento in lingua straniera, pur in assenza di una traduzione.
La Corte di Cassazione precisa che tali conclusioni, applicate al processo civile, possono trasferirsi anche al processo tributario, per effetto del rinvio generale sussidiario alle norme del codice di procedura civile (i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile) ed in difetto di ragioni di incompatibilità della normativa processuale civile con la disciplina specifica del rito tributario.
La Corte di Cassazione ha dunque affermato il seguente principio di diritto: “ai sensi degli artt. 122 e 123 cod. proc., applicabili ex art. 1, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 al giudizio tributario, anche in quest’ultimo, come in quello civile, la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non per i documenti prodotti dalle parti. I quali, se redatti in lingua straniera, devono pertanto ritenersi acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione, avendo il giudice la facoltà, ma non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, del quale può fare a meno allorché sia in grado di comprendere il significato degli stessi documenti, o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto o sulla loro traduzione giurata allegata dalla parte”.

Terziario – Ente Bilaterale Bari – Sostegno della natalità 2022

EBITER Bari, l’Ente Bilaterale del Commercio, della Distribuzione e dei Servizi della Provincia di Bari eroga, per l’anno 2022, un contributo a favore dei dipendenti delle aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, a sostegno della natalità

L’Ente Bilaterale Bari eroga, per l’anno 2022, un contributo a favore dei dipendenti delle aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, a sostegno della natalità.

Soggetti beneficiari – Misura
Il contributo può essere richiesto dai lavoratori a tempo indeterminato, compresi gli apprendisti e i lavoratori a tempo determinato che svolgono la propria attività nelle province di BARI – BAT di competenza dell’Ente in forza presso datori di lavoro in regola con il versamento delle quote contributive a EBITER BARI da almeno 12 mesi all’atto della presentazione della domanda e che applicano integralmente il CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi, sia per la c.d. parte economico – normativa sia per la c.d. parte obbligatoria.
Il contributo verrà riconosciuto per i figli nati, adottati e/o in affido dal 01/01/2022 al 31/12/2022 e sarà pari ad €. 250 euro.

Domanda e termini di presentazione
La domanda di ammissione al sostegno economico dovrà essere redatta su apposito modulo online disponibile sul sito internet www.ebiterbari.com


La domanda deve essere corredata dalla documentazione sotto riportata:


1. copia fronte e retro della carta d’identità del richiedente


2. copia codice fiscale del figlio


3. copia del documento attestante l’adozione o l’affido, in caso di figli adottivi o in affido


4. copia dell’atto/estratto di nascita del figlio con indicazione dei nomi dei genitori


5. copia dell’ultima busta paga del richiedente;


6. autorizzazione al trattamento dei dati personali


La domanda potrà essere trasmessa ad EBiTer BARI dal 01/11/2022 al 30/12/2022, l’esito della stessa verrà comunicato a graduatoria ultimata.
Le domande verranno prese in considerazione secondo l’ordine cronologico di presentazione.
Nell’ipotesi in cui, in fase di istruttoria, venisse rilevata l’assenza, la non conformità o la non leggibilità di uno o più documenti, la domanda sarà considerata irricevibile e quindi sarà necessario procedere nuovamente all’invio della richiesta unitamente a tutti documenti previsti dal regolamento del bando.

INPS: liquidazione TFR e TFS in modalità telematica


Si forniscono chiarimenti in merito all’utilizzo dello strumento telematico per la liquidazione del TFR e TFS dei dipendenti pubblici (Comunicato Inps 11 novembre 2022).


 


Dal 1° gennaio 2023 le Amministrazioni devono utilizzano solamente il canale telematico per inviare all’Istituto le informazioni utili alla liquidazione del Tfs e del Tfr dei lavoratori pubblici.
Il passaggio all’utilizzo esclusivo del canale digitale si colloca nell’ambito del più ampio processo di digitalizzazione dei servizi e delle procedure amministrative finalizzato a potenziare l’interoperabilità dei dati tra l’INPS e le altre PA.
Lanuova modalità consentirà di ridurre i tempi di definizione della procedura di liquidazione del TFS-TFR, superando così le criticità legate alla trasmissione da parte delle Amministrazioni della documentazione cartacea utilizzata finora a tale scopo.
Per effettuare le attività previste per la liquidazione dei trattamenti, le Amministrazioni saranno abilitate ad accedere attraverso, il sito istituzionale dell’INPS, oltre che alla procedura Nuova Passweb, anche alla “Comunicazione di Cessazione TFS”, con la quale le Amministrazioni comunicano all’Inps i dati necessari alla liquidazione del TFS.

Contributi omessi e termine di prescrizione


La prescrizione dei contributi decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa; infatti l’obbligazione contributiva nasce per un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria.

Un ingegnere ha proposto opposizione contro l’avviso di addebito emesso dall’Inps sul presupposto dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione separata, dal 2008, e ha dedotto l’infondatezza della pretesa vantata dall’Istituto e, in subordine, l’estinzione del diritto per intervenuta prescrizione (Sentenza Corte di Cassazione, n. 32685/2022).
In primo grado, il Giudice ha accolto l’eccezione di prescrizione, considerando come dies a quo del relativo termine quinquennale la scadenza del termine stabilito per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi. La decisione è stata appellata dall’Istituto di previdenza, che ha censurato la mancata considerazione della proroga al 6 luglio 2009 dei termini stabiliti per il versamento dell’imposta. La pronuncia di primo grado meriterebbe censura anche nella parte in cui non ha individuato il dies a quo della prescrizione nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi, cui il professionista deve allegare il modello RR sezione II, con l’indicazione dei contributi a debito per l’anno d’imposta dichiarato, degli eventuali acconti pagati e dei contributi a credito portati in compensazione.
Ad ogni modo, la mancata compilazione del modello RR si atteggerebbe come occultamento doloso del debito.
La Corte d’appello territoriale ha rigettato l’appello principale e ha accolto l’appello incidentale e, per l’effetto, ha condannato l’INPS, in parziale riforma della sentenza di primo grado, a rifondere alla parte appellata le spese del primo grado, onerando la parte appellante anche delle spese del secondo grado.
Alla base della decisione, la Corte ha precisato che: la prescrizione decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, che non costituisce presupposto del credito contributivo; non rileva il differimento al 6 luglio 2009 del termine di versamento delle imposte sui redditi per i professionisti soggetti agli studi di settore, in quanto tale dilazione non si applica alla fattispecie in esame; l’Istituto, provvisto di poteri ispettivi, non si trova nell’impossibilità di far valere il diritto, che non s’identifica in un impedimento soggettivo o in un ostacolo di mero fatto, ma postula una causa giuridica che ostacoli l’esercizio del diritto; neppure si ravvisa un occultamento doloso del debito: il professionista ha riportato i redditi da lavoro autonomo nell’apposita sezione del modello unico, condotta che di per sé esclude la volontà di eludere gli obblighi di legge; l’Istituto stesso, prima del luglio 2014, non aveva affermato alcun obbligo d’iscriversi alla Gestione separata per i professionisti che fossero in posizione analoga a quella del ricorrente; è fondato l’appello incidentale di quest’ultimo in favore del quale devono essere liquidate le spese del primo grado: in tema di prescrizione, gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità erano già univoci.
L’Inps impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello. Secondo l’Istituto avrebbe errato la Corte d’appello nell’escludere la sospensione della prescrizione per doloso occultamento del debito, nel caso di omessa compilazione del quadro RR, «adibito alla determinazione dei contributi da parte del Fisco».
Solo la compilazione del quadro RR avrebbe consentito all’INPS di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo, assoggettato all’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata. Il professionista, omettendo di compilare il quadro RR, avrebbe violato un obbligo di legge, volto a tutelare «interessi di carattere pubblicistico», e avrebbe determinato non una mera difficoltà di accertamento, ma l’impossibilità materiale dell’Istituto di avere cognizione dei dati occultati.
Anche il semplice mendacio su dati che la legge impone di dichiarare sarebbe sufficiente a integrare il dolo. L’INPS invoca, a tale riguardo, «una presunzione di occultamento», che spetterebbe al lavoratore autonomo superare.
Ad avviso del ricorrente, nessuna prescrizione, pertanto, si sarebbe compiuta.
Ebbene, il ricorso è fondato. La questione concerne il tema della prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata, sul quale sono oramai costanti gli orientamenti di questa Corte, che devono essere anche in questa sede ribaditi. La prescrizione decorre «dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa l’obbligazione contributiva nasce infatti in relazione ad un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria».
Per quanto il debito contributivo sorga sulla base della produzione di un certo reddito, la prescrizione dell’obbligazione decorre dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento: i contributi obbligatori si prescrivono «dal giorno in cui i singoli contributi dovevano essere versati».
I termini di versamento dei contributi sono definiti dall’art. 18, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241: «i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi».