Firmato accordo quadro di collaborazione con Federalberghi

Siglato il 2/3/2022, tra la Rete ITS Turismo e la Federalberghi, l’accordo quadro di collaborazione.

Le Parti, nell’interesse comune e reciproco, convengono di sviluppare programmi condivisi di studio, di formazione e aggiornamento, unitamente ad uno scambio di informazioni e conoscenze teorico-pratiche finalizzate alla realizzazione di interventi atti a promuovere la cultura della legalità e delle buone prassi nel mondo del lavoro, promuovendo la collaborazione tra gli ITS della Rete Turismo e Federalberghi, anche attraverso le organizzazioni territoriali ad essa associate.
Le Parti concordano di sviluppare attività congiunte finalizzate a:
a) promuovere un rapporto organico tra gli ITS Turismo e il sistema delle imprese turistico-ricettive;
b) favorire lo sviluppo sul territorio di interscambio tra mondo della formazione e del lavoro attraverso la creazione di reti funzionali tra gli ITS e le filiere produttive anche attraverso le associazioni locali di Federalberghi;
c) orientare ed agevolare le scelte professionali dei giovani attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro, anche attraverso apposite iniziative di orientamento e familiarizzazione svolte presso gli ITS ad opera delle strutture territoriali aderenti;
d) ridurre le distanze tra formazione ed esigenze del mondo imprenditoriale attraverso la progettazione e la realizzazione di esperienze di tirocinio e/o di apprendistato nell’ambito dei processi formativi, come previsto nel piano dell’offerta formativa degli ITS;
e) definire la partecipazione di Federalberghi e degli albergatori ad attività di docenza in qualità di esperti del mondo del lavoro per le attività didattiche;
f) contribuire al placement degli studenti che intendono fruire di esperienze di lavoro in strutture turistiche associate anche attraverso la rete degli enti bilaterali del turismo;
g) svolgere un’azione di valorizzazione dei risultati della ricerca, di trasferimento di conoscenze, di diffusione dell’innovazione;
h) perseguire comuni finalità di progresso e sviluppo del settore;
i) implementare programmi di studio diretti all’acquisizione di particolari competenze e professionalità specifiche;
j) implementare programmi di formazione e aggiornamento professionale;
k) realizzare progetti di studio e di ricerca incentrati principalmente sulle questioni connesse alle conoscenze necessarie per accedere al mondo del lavoro all’interno di aziende del turismo e dell’ospitalità e in generale di comune interesse e di speciale rilevanza per le Parti;
I) definire e realizzare progetti di innovazione, anche tecnologica e digitale, e sperimentazione da sviluppare in collaborazione.

Reintegra del lavoratore in caso di licenziamento prima del trasferimento


In tema di trasferimento d’azienda, la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria si realizza per i lavoratori che sono dipendenti della cedente al momento del trasferimento o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell’annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro.


In caso di trasferimento d’azienda, l’alienante conserva il potere di recesso attribuitogli dalla normativa generale, sicché il trasferimento non può impedire il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, purché questo abbia fondamento nella struttura aziendale autonomamente considerata e non nella connessione con il trasferimento o nella finalità di agevolarlo.
La tutela prevista dall’art. 2112 cc in caso di trasferimento d’azienda o di ramo, è affidata all’automatica “continuazione” del rapporto di lavoro con il cessionario e alla “conservazione” dei diritti maturati dai lavoratori sino al momento della cessione. Tale duplice effetto presuppone, dal punto di vista logico e giuridico, la vigenza del rapporto di lavoro in capo alla cedente al momento del trasferimento, vigenza che può essere effettiva ma anche virtuale, quale conseguenza dell’annullamento del licenziamento intimato e del ripristino de iure del rapporto di lavoro.
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha precisato che, in tema di trasferimento d’azienda, l’effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, comporta che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, in capo al cessionario, dovendosi escludere che osti a tale soluzione l’applicazione della direttiva 77/187/CE, la quale prevede – secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia CE – che i lavoratori licenziati in contrasto con la direttiva debbono essere considerati dipendenti alla data del trasferimento, senza pregiudizio per la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori.
Deve, invece, escludersi che possa “continuare” in capo alla cessionaria, un rapporto di lavoro non più esistente all’epoca del trasferimento, cioè definitivamente cessato in fatto e anche de iure, per la mancata impugnativa dell’atto di recesso.
Nell’ipotesi in cui, come accade nella fattispecie in esame, in epoca anteriore al trasferimento, sia stato intimato il licenziamento (sia in connessione con la cessione e sia per autonomo giustificato motivo oggettivo), la norma di garanzia di cui all’art. 2112 cod. civ. può operare solo a condizione che sia dichiarata la nullità o l’illegittimità del licenziamento, con le conseguenze a ciò connesse in termini di ripristino del rapporto di lavoro alle dipendenze della cedente. Solo la declaratoria di nullità o l’annullamento dell’atto di recesso consentono di considerare il lavoratore dipendente della cedente al momento della cessione, con trasferimento e continuazione del suo rapporto di lavoro in capo alla cessionaria.
La declaratoria di nullità del licenziamento o il suo annullamento costituiscono dunque un dato pregiudiziale ed autonomo – sul piano logico e su quello giuridico – rispetto all’accertamento del trasferimento d’azienda e dei suoi effetti.
In conclusione, la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria (o della retrocessionaria) si realizza per i lavoratori che sono dipendenti della cedente (o della retrocecedente) al momento del trasferimento o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell’annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro (Cassazione, sentenza 11 marzo 2022, n. 8039).

Assegno di integrazione salariale FIS per causali straordinarie


Definiti i criteri di accesso all’assegno di integrazione salariale per causali straordinarie da parte dei datori di lavoro che accedono all’assegno di integrazione salariale FIS. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Decreto 25 febbraio 2022, n. 33).

A decorrere dal 1° gennaio 2022, in seguito al riordino della disciplina degli ammortizzatori sociali in costanza del rapporto di lavoro, sono soggetti alla disciplina del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione del “trattamento di integrazione salariale ordinario”, che non aderiscono ai Fondi di solidarietà bilaterali.
Per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, il FIS garantisce l’erogazione dell’assegno di integrazione salariale in relazione alle causali ordinarie e straordinarie.
In particolare, per i datori di lavoro che occupano mediamente fino a 15 dipendenti nel semestre precedente, il FIS riconosce prestazioni per causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa sia ordinarie sia straordinarie.


Con il Decreto n. 33 del 25 febbraio 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha individuato i criteri di esame delle domande di accesso all’assegno di integrazione salariale FIS per le causali riorganizzazione, crisi aziendale ed a seguito della stipula di un contratto di solidarietà.

Anagrafe tributaria: prorogati i termini per comunicare i dati relativi agli interventi edilizi ed energet


Prorogati al 7 aprile 2022 i termini per la comunicazione all’anagrafe tributaria, ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata 2022, dei dati relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati su parti comuni di edifici residenziali. (Agenzia delle entrate – provvedimento 16/3/2022 n. 83833)

In deroga a quanto previsto dall’articolo 16-bis, comma 4, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, esclusivamente con riferimento alle spese sostenute nel 2021, i soggetti individuati dall’articolo 2 del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 1° dicembre 2016 trasmettono i dati relativi alle spese sostenute dal condominio con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, nonché con riferimento all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo delle parti comuni dell’immobile oggetto di ristrutturazione, entro il 7 aprile 2022.


Rapporti di mero fatto e obblighi del datore sulle tutele antinfortunistiche


In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’obbligo del datore di lavoro di apprestare adeguate tutele antinfortunistiche in favore dei lavoratori subordinati sussiste indipendentemente dalla conclusione di un formale contratto di lavoro e si estende, pertanto, nei confronti di tutti gli addetti, anche solo di fatto, ad una determinata attività lavorativa.


La Corte di Appello territoriale ha rigettato la domanda di un lavoratore, volta ad ottenere l’accertamento della violazione dell’obbligo di provvedere alla manutenzione ed al lavaggio del vestiario fornitogli (tute con barre catarifrangenti), costituente – secondo l’assunto del lavoratore – dispositivo di protezione individuale.
Tale pronuncia è stata motivata affermando che l’amministrazione datrice non fosse il datore di lavoro e, quand’anche la si fosse considerata tale, avrebbe dovuto essere qualificata come datore di mero fatto, responsabile, pertanto, per il solo pagamento delle retribuzioni e dei contributi, ma non anche per le pretese risarcitorie;
La stessa Corte ha ritenuto, inoltre, che le tute con strisce luminose utilizzate dagli addetti al prelievo dei rifiuti urbani non potessero essere qualificate quali D.P.I. (dispositivi di protezione individuale).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore.


La Suprema Corte ha accolto il suddetto ricorso, ribadendo il principio in base al quale l’obbligo di apprestare ogni tutela antinfortunistica per il lavoratore sussiste in capo al datore di lavoro indipendentemente dalla conclusione di un valido contratto e si estende, pertanto, nei confronti di tutti gli addetti, anche solo di fatto.
La Corte ha sancito, in tale sede, anche il principio che prevede, con riguardo agli addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, quale il dipendente del caso in oggetto, che le caratteristiche peculiari degli “indumenti ad alta visibilità” bastano di per sé a qualificarli come D.P.I. perché volti a proteggere i lavoratori dai pericoli connessi alla raccolta dei rifiuti in strada in concomitanza con la ordinaria circolazione dei veicoli (Corte di Cassazione, Ordinanza 11 marzo 2022, n. 8042).